In Italia, circa 9mila persone convivono con la Leucemia mieloide cronica (Lmc), una forma rara di tumore del sangue. Secondo un’indagine condotta da Elma Research per Novartis Italia, i progressi nella ricerca hanno notevolmente migliorato l’aspettativa di vita dei pazienti, rendendola simile a quella della popolazione generale. Tuttavia, persistono sfide significative, come evidenziato dallo studio Asc4First, che indica che tra il 25% e il 30% dei pazienti di nuova diagnosi non riescono a ottenere una risposta adeguata alle terapie standard e devono interrompere o modificare il trattamento a causa degli effetti collaterali.
La qualità della vita dei pazienti con leucemia mieloide cronica
La ricerca intitolata “La qualità di vita dei pazienti con Lmc” ha coinvolto 146 pazienti, di cui il 51% era in prima linea di trattamento. I risultati mostrano che circa un terzo dei partecipanti valuta negativamente la propria qualità di vita. Gli effetti collaterali delle terapie rappresentano un peso significativo: il 40% dei pazienti ha segnalato di averli sperimentati, con il 36% che ha riferito che questi effetti non sono mai terminati. Tra i sintomi più comuni si trovano stanchezza cronica, crampi, aumento di peso, gonfiore agli occhi, nausea e diarrea, che possono manifestarsi anche nelle fasi iniziali del trattamento.
Impatto psicologico e aderenza alla terapia
Un aspetto preoccupante emerso dalla ricerca è l’impatto psicologico della Lmc. Circa il 30% dei pazienti ha attribuito un punteggio elevato (6-7 su una scala Likert a 7 punti) all’effetto della malattia sulla loro sfera psicologica. Elisabetta Abruzzese, dirigente medico di Ematologia presso l’Ospedale Sant’Eugenio di Roma, sottolinea che, sebbene la leucemia mieloide cronica possa essere gestita come una condizione cronica grazie ai trattamenti innovativi, gli effetti collaterali possono compromettere notevolmente la quotidianità dei pazienti. La gestione della qualità della vita diventa quindi cruciale, soprattutto considerando che l’età media alla diagnosi si attesta attorno ai 60 anni, un periodo in cui le persone sono ancora attivamente coinvolte nella vita sociale e lavorativa.
La necessità di un approccio centrato sul paziente
Un altro aspetto rilevante è l’aderenza alla terapia, che può essere influenzata negativamente dagli effetti collaterali. La Chronic Myeloid Leukemia Survey on Unmet Needs (Cml Sun), che ha coinvolto 361 pazienti e oltre 190 ematologi in vari Paesi, ha rivelato che il 30% dei pazienti ha saltato alcune dosi di trattamento a causa degli effetti collaterali. Fabio Efficace, responsabile della Health Outcomes Research Unit e Chair del WP Quality of Life del Gimema, evidenzia che la compromissione della qualità della vita e la persistenza degli effetti collaterali possono rendere i pazienti meno propensi a seguire il piano terapeutico prescritto, influenzando così l’efficacia del trattamento.
L’importanza della comunicazione tra pazienti e clinici
I risultati della ricerca Cml Sun mostrano che solo il 26% dei pazienti ha riferito di aver partecipato attivamente alle decisioni terapeutiche insieme all’ematologo, mentre oltre il 50% dei clinici si considera il principale decisore. Paola Coco, Chief Scientific Officer e Medical Affairs Head di Novartis Italia, sottolinea l’importanza di un approccio che favorisca la condivisione delle decisioni tra medici e pazienti. È fondamentale che i pazienti possano esprimere le proprie esigenze legate alla qualità della vita e alle aspettative future, per garantire che le opzioni terapeutiche siano non solo efficaci, ma anche ben tollerate.
La ricerca mette in luce la necessità di un dialogo aperto e costante tra pazienti e medici, affinché si possano bilanciare efficacemente gli obiettivi di qualità della vita, efficacia e tollerabilità in tutte le fasi del trattamento.
