Stimolazione magnetica riduce della metà la progressione dell’Alzheimer in uno studio italiano

La stimolazione magnetica transcranica riduce la progressione della malattia di Alzheimer, migliorando le funzioni cognitive e l’autonomia nei pazienti in uno studio clinico innovativo.

Il 7 aprile 2025, un’importante scoperta nel campo della neuropsichiatria ha catturato l’attenzione della comunità scientifica. Presso la Fondazione Santa Lucia Irccs, un team di ricerca guidato dal professor Giacomo Koch ha pubblicato i risultati di uno studio clinico che evidenzia come la stimolazione magnetica transcranica (Tms) possa ridurre significativamente la progressione della malattia di Alzheimer in pazienti affetti da forme lievi e moderate della patologia. Questo trial clinico, il primo del suo genere a esaminare un periodo di trattamento prolungato di 52 settimane, dimostra miglioramenti notevoli in diverse aree funzionali.

Risultati dello studio

I risultati dello studio, pubblicati nella rivista ‘Alzheimer’s Research & Therapy’, mostrano che la Tms ha rallentato la progressione della malattia del 52% rispetto al gruppo di controllo che ha ricevuto un trattamento placebo. I pazienti trattati con Tms hanno mostrato miglioramenti significativi nelle funzioni cognitive, nell’autonomia nelle attività quotidiane e nella gestione dei disturbi comportamentali. La ricerca è stata condotta seguendo un rigoroso protocollo randomizzato e in doppio cieco, garantendo l’affidabilità delle evidenze raccolte.

Tecnica di stimolazione utilizzata

La tecnica di stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTms) applicata nello studio è stata progettata per attivare il precuneo, un’area cerebrale identificata in precedenti ricerche come cruciale per il trattamento dei pazienti con Alzheimer. Il protocollo di trattamento è stato diviso in due fasi: una fase intensiva di applicazioni quotidiane per due settimane, seguita da un periodo di mantenimento in cui il trattamento è stato somministrato una volta a settimana per 50 settimane. Questo approccio personalizzato ha sfruttato metodologie avanzate come la Tms combinata con elettroencefalografia (Tms-Eeg), consentendo una stimolazione mirata e ottimale per ogni paziente.

Implicazioni future e necessità di ulteriori ricerche

Giacomo Koch, vice direttore scientifico della Fondazione Santa Lucia, ha sottolineato l’importanza di questo studio, affermando che non solo conferma risultati precedenti ottenuti in un periodo di sei mesi, ma dimostra anche la possibilità di preservare le funzioni cognitive e l’autonomia funzionale dei pazienti per un periodo più lungo. Marco Bozzali, professore associato di neurologia dell’Università degli Studi di Torino e co-autore della ricerca, ha aggiunto che questi risultati offrono nuove prospettive per lo sviluppo di terapie non farmacologiche personalizzate. Ha evidenziato la necessità di ulteriori studi multicentrici di fase 2/3 per confermare l’efficacia clinica di questo nuovo approccio terapeutico e per approfondire i meccanismi d’azione della Tms.

Benefici e meccanismi d’azione

La stimolazione magnetica transcranica rappresenta una terapia non invasiva e indolore, priva di effetti collaterali significativi. Essa utilizza impulsi magnetici brevi e intensi per stimolare aree specifiche del cervello, generando una risposta elettrica che attiva i neuroni. Alessandro Martorana, co-autore dello studio e associato di neurologia dell’Università di Roma Tor Vergata, ha spiegato che i benefici osservati suggeriscono una riattivazione dei meccanismi di plasticità cerebrale compromessi dalla malattia. In particolare, il trattamento sembra attivare circuiti cerebrali specifici, come il default mode network, che risulta danneggiato nei pazienti affetti da Alzheimer.

Questi risultati offrono una nuova speranza per i pazienti e le loro famiglie, aprendo a possibilità terapeutiche innovative nel trattamento della malattia di Alzheimer.

Condivi su: