Il racconto di Sandy, una ragazza di 18 anni con sindrome di Asperger, mette in luce le difficoltà affrontate da chi vive una disabilità all’interno del sistema scolastico italiano. Attraverso le sue parole, emerge un quadro complesso e spesso critico dell’inclusione e del supporto ricevuto nelle scuole, in particolare in un istituto del Nord Italia. Sandy ha deciso di condividere la sua esperienza per sensibilizzare le istituzioni e migliorare la situazione per altri studenti in condizioni simili.
Un percorso scolastico complesso
Sandy ha iniziato il suo percorso scolastico con la consapevolezza di essere diversa dai suoi coetanei. “Ho sempre pensato di funzionare in modo diverso”, racconta. La sua esperienza si è tradotta in un diario, dove ha annotato le sue riflessioni e le sue frustrazioni. La diagnosi di sindrome di Asperger è stata un punto di partenza, ma la realtà della scuola si è rivelata ben diversa dalle aspettative. Nonostante l’assegnazione di un insegnante di sostegno, Sandy si è sentita spesso sopraffatta e inadeguata. “Mi sento trattata come una stupida”, scrive, esprimendo un disagio profondo per la mancanza di un approccio personalizzato che le permettesse di esprimere il suo potenziale.
La giovane racconta di un insegnante di sostegno che, invece di aiutarla a integrarsi, la costringeva a seguire lezioni in modo che lei non riusciva a comprendere. “Ho cominciato a vivere male la scuola”, confessa, rivelando come il suo entusiasmo iniziale sia svanito, sostituito da un senso di isolamento. La sua esperienza è amplificata dalla pandemia di Covid-19, che ha ulteriormente complicato la sua situazione. “Arriva il peggio: tutti in Dad”, scrive, evidenziando come le difficoltà si siano moltiplicate in un contesto già difficile.
La ricerca di un cambiamento
Sandy ha cercato di affrontare la situazione parlando con i genitori e sperando in un cambiamento. Il suo desiderio di essere trattata come tutti gli altri studenti è forte, ma le sue richieste sembrano cadere nel vuoto. “Comincio a lottare per i miei diritti”, scrive nel suo diario, esprimendo la sua determinazione a non arrendersi. Dopo anni di isolamento, finalmente, in terza superiore, l’insegnante di sostegno viene sostituito, portando un cambiamento significativo nella sua esperienza scolastica. “Avevo il mio tempo, seguivo tutte le lezioni e facevo anche l’intervallo”, racconta con un certo entusiasmo, anche se il segno lasciato dagli anni precedenti è difficile da cancellare.
Nonostante un miglioramento, Sandy continua a percepire una differenza nel modo in cui viene trattata rispetto ai suoi compagni. “Restava solo la sensazione di essere trattata in modo diverso”, osserva. La sua lotta per l’inclusione è una battaglia quotidiana, che la porta a confrontarsi con l’atteggiamento di chi la circonda. “Ho capito che sono ‘troppo disabile’ per stare in questo mondo come tutti gli altri”, scrive, evidenziando la frustrazione di sentirsi esclusa e non compresa.
Un messaggio di speranza
Sandy non si arrende e continua a lottare per trovare un posto nel mondo. La sua esperienza, condivisa attraverso l’agenzia Adnkronos Salute, rappresenta una chiamata all’azione per le istituzioni e per la società. “La verità è che la gente si ferma al nome della mia diagnosi”, afferma, invitando a una riflessione profonda sulla disabilità e sull’importanza di comprendere le persone al di là delle etichette. La sua storia è un faro per chi vive situazioni simili, un invito a non perdere mai la speranza e a cercare di costruire un futuro migliore, dove ognuno possa esprimere il proprio potenziale senza essere limitato dalla propria condizione.
