Il Dna del neonato potrebbe rivelare predisposizioni a malattie future nel sangue del cordone ombelicale

Il sangue del cordone ombelicale può prevedere la salute futura dei neonati, rivelando alterazioni genetiche associate a malattie croniche come diabete e patologie epatiche.

Lo studio condotto dalla Duke University Health System suggerisce che il sangue del cordone ombelicale potrebbe rivelarsi un prezioso alleato nella previsione della salute futura dei neonati. I ricercatori, i cui risultati verranno presentati dal 3 al 6 maggio 2025 durante la Digestive Disease Week a San Diego, in California, hanno scoperto che le alterazioni genetiche presenti nel sangue cordonale possono indicare un rischio maggiore di sviluppare malattie croniche come diabete, ictus e patologie epatiche.

Secondo la dottoressa Ashley Jowell, principale autrice dello studio, “Stiamo osservando che i bambini sviluppano problemi metabolici sempre prima, il che li espone a un rischio maggiore di gravi complicanze da adulti”. L’analisi ha coinvolto il sangue di 38 neonati partecipanti al Newborn Epigenetics Study, un progetto di ricerca a lungo termine realizzato in North Carolina. Gli scienziati hanno esaminato i cambiamenti nei gruppi metilici sul DNA, che influenzano l’attivazione o la disattivazione dei geni. Questi cambiamenti, se avvengono in regioni critiche del DNA, possono avere effetti duraturi sia durante lo sviluppo fetale che nella vita adulta.

I dettagli dello studio

I ricercatori hanno confrontato le alterazioni genetiche con dati sanitari di bambini tra i 7 e i 12 anni, analizzando parametri come l’indice di massa corporea, il grasso epatico, i livelli di trigliceridi e la pressione sanguigna. Hanno identificato specifiche regioni di DNA alterato collegate a disfunzioni metaboliche. In particolare, le modifiche al gene Tns3 erano correlate a un accumulo di grasso epatico e a un aumento dei livelli di ALT, un indicatore di infiammazione epatica. Altre alterazioni in geni come Gnas e Csmd1 sono risultate associate alla pressione sanguigna e al rapporto vita-fianchi.

La coautrice dello studio, la professoressa Cynthia Moylan, ha sottolineato che “questi segnali epigenetici si stabiliscono durante lo sviluppo embrionale e possono essere influenzati da fattori ambientali, come l’alimentazione e la salute materna durante la gravidanza“. Se confermati in studi più ampi, i risultati potrebbero portare allo sviluppo di nuovi strumenti di screening e interventi precoci per i bambini a rischio.

Nonostante il campione analizzato fosse limitato, i ricercatori ritengono che i risultati giustifichino ulteriori indagini. Attualmente, è in corso uno studio di follow-up finanziato dal National Health Institute. I risultati attuali non indicano una relazione causa-effetto diretta tra le alterazioni genetiche e le malattie, ma suggeriscono un potenziale percorso biologico per future ricerche. Jowell ha concluso che “conoscere il proprio rischio in età precoce potrebbe aiutare famiglie e medici a prendere misure proattive per garantire la salute a lungo termine del bambino“.

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