Negli ultimi anni, l’endometriosi ha attirato l’attenzione su scala nazionale, rivelando dati preoccupanti riguardo alla sua incidenza nelle donne italiane. Con oltre 134.000 ricoveri ospedalieri tra il 2011 e il 2020, la patologia si conferma come una delle malattie croniche più invalidanti. Questo articolo esamina i risultati del workshop “Valutazione di incidenza e prevalenza di endometriosi nella popolazione italiana e indagine su possibili ipotesi patogenetiche“, tenutosi presso l’Istituto Superiore di Sanità , evidenziando l’importanza di una diagnosi precoce e di ricerche approfondite per comprendere meglio questa condizione.
Ricoveri ospedalieri e regioni più colpite
Il report presentato all’Iss ha rivelato che il fenomeno dell’endometriosi colpisce in modo particolare le regioni come Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna. Le statistiche, che evidenziano oltre 134mila ricoveri tra donne di età compresa tra 15 e 50 anni, pongono in evidenza l’impatto devastante della malattia sulla vita delle pazienti e sulla salute pubblica. Spesso considerata una patologia che genera un forte carico emotivo e fisico, l’endometriosi è caratterizzata dalla presenza del tessuto endometriale al di fuori dell’utero, creando una serie di problematiche e sintomi che non sempre vengono riconosciuti tempestivamente.
La difficoltà nella diagnosi è uno dei principali fattori che contribuisce all’alto numero di ricoveri. Secondo gli studi, il tempo medio necessario per arrivare a una corretta diagnosi può variare dai 7 ai 10 anni, un intervallo inaccettabile per molte donne che affrontano evidenti disagi. Con un’incidenza della malattia pari a 0,839 per 1000 donne nel periodo 2011-2020 e una tendenza alla diminuzione, è fondamentale continuare a monitorare la situazione e implementare programmi di sensibilizzazione per ridurre il gap diagnostico.
Incidenza e prevalenza dell’endometriosi
Dal 2011 al 2020, le stime hanno rivelato una prevalenza di quasi 1.900.000 casi di endometriosi in Italia, corrispondente a un tasso di prevalenza di 14,0 per 1000 donne in età fertile. Questi dati, emersi da un modello di Registro epidemiologico nazionale, mettono in luce una condizione che, seppur in calo, continua a essere un problema rilevante per la salute delle donne nel nostro paese. Ma quali sono le cause alla base di questa malattia?
Attualmente, l’eziologia dell’endometriosi non è ancora stata definita in modo definitivo, ma i ricercatori stanno indagando su diverse ipotesi, tra cui l’esposizione a inquinanti ambientali. Sostanze come diossine, policlorobifenili , e metalli pesanti come cadmio e piombo sono stati associati all’insorgenza della malattia. Dato il collegamento con l’ambiente, insieme al Dipartimento di Ambiente e Salute dell’Iss, sono attualmente in corso analisi per identificare aree ad alta incidenza di endometriosi, risultati che potrebbero fornire spunti preziosi per ulteriori studi eziologici.
Progetti di ricerca e futuro dell’endometriosi in Italia
Durante il workshop, sono stati presentati anche i risultati di due progetti significativi, finanziati dal Ministero della Salute, nell’ambito della Ricerca Finalizzata 2018 e del Bando Endometriosi 2021. Questi progetti, coordinati dall’Ircss Materno Infantile Burlo Garofolo di Trieste, evidenziano il crescente impegno per la ricerca sull’endometriosi in Italia. Collaborando con enti come il Servizio di Statistica dell’Istituto Superiore di Sanità, l’Università di Firenze e l’Azienda Sanitaria Locale di Taranto, i progetti mirano a raccogliere dati più accurati e a sviluppare strategie per migliorare la diagnosi e le cure per le donne affette da questa malattia.
Guardando oltre, nel Piano Nazionale della Cronicità 2024 è stata proposta la creazione di registri su base regionale con l’intento di monitorare l’epidemiologia dell’endometriosi. Questo approccio ha come obiettivo primario quello di migliorare la qualità della vita delle donne colpite dalla malattia, garantendo un accesso tempestivo a diagnosi e trattamenti più efficaci.
La crescente attenzione riservata a questa patologia sottolinea l’importanza di unire forze tra istituzioni e ricerca per scongiurare l’isolamento delle pazienti e promuovere una migliore comprensione di una condizione finora complessa e spesso trascurata.