La ricerca scientifica continua a progredire nel campo delle vaccinazioni, con un focus particolare sulle strategie destinate ai pazienti più vulnerabili. Un recente studio, pubblicato il 28 aprile 2025, ha esaminato le risposte immunitarie dei soggetti fragili vaccinati contro il Sars-CoV-2. Questo progetto è stato realizzato grazie alla collaborazione tra l’Università Lum ‘Giuseppe Degennaro’ e l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Siena, e ha visto la partecipazione di Fabio Fiorino, docente di Microbiologia e Microbiologia Clinica.
Dettagli dello studio ‘Patovac cov’
Il progetto di ricerca, intitolato ‘PatoVac Cov’, è coordinato dalla dottoressa Donata Medaglini e ha coinvolto un ampio campione di 585 volontari con patologie ematologiche e croniche, tra cui infezioni da Hiv, insufficienza renale in trattamento emodialitico e pazienti sottoposti a trapianto di organi solidi o cellule staminali. La necessità di studiare la risposta immunitaria in questi gruppi è fondamentale, poiché gli individui immunocompromessi presentano una maggiore vulnerabilità alle infezioni e una risposta immunitaria variabile, influenzata dallo stadio della malattia e dai trattamenti ricevuti.
La ricerca ha messo in evidenza come ci siano differenze significative nella risposta immunitaria tra i vari gruppi di pazienti. Alcuni di essi hanno mostrato una risposta simile a quella dei soggetti sani dopo una sola dose di richiamo, mentre altri hanno richiesto più dosi per raggiungere un livello comparabile. Inoltre, è emerso che alcuni pazienti sottoposti a trattamenti immunosoppressivi hanno mostrato un’attivazione immunitaria notevolmente ridotta, evidenziando la necessità di sviluppare strategie vaccinali alternative. L’uso di vaccini aggiornati alla variante Omicron si è rivelato cruciale per stimolare adeguatamente il sistema immunitario e affrontare le nuove varianti del virus.
Implicazioni e sviluppi futuri
Fabio Fiorino ha sottolineato l’importanza della caratterizzazione della risposta post-vaccinale a lungo termine delle cellule B di memoria, che sono in grado di riattivarsi in caso di un successivo incontro con il virus. Lo studio ha anche analizzato la produzione e la persistenza degli anticorpi contro la proteina Spike del Sars-CoV-2 e il loro effetto neutralizzante. Le differenze riscontrate tra i pazienti con vari livelli di immunocompromissione offrono spunti per futuri approfondimenti sulla risposta immune alla vaccinazione nei soggetti fragili.
Questa ricerca non solo contribuisce a una migliore comprensione della risposta immunitaria nei pazienti vulnerabili, ma fornisce anche indicazioni preziose per l’ottimizzazione dei protocolli vaccinali. L’obiettivo è ridurre il rischio di infezione attraverso un approccio profilattico personalizzato, che tenga conto delle specifiche esigenze di questi gruppi. La continua evoluzione della pandemia richiede un impegno costante nella ricerca e nello sviluppo di strategie vaccinali efficaci, in particolare per le categorie più a rischio.
