Aids: infettivologi Simit analizzano le speranze delle terapie long acting e della PrEP

I farmaci long acting offrono nuove opportunità nel trattamento e nella prevenzione dell’HIV, ma la loro diffusione in Italia rimane limitata, nonostante i progressi nella terapia.

Dagli Stati Uniti giungono notizie incoraggianti riguardo alla ricerca sull’HIV. Durante la conferenza del 2025 dedicata ai retrovirus e alle infezioni opportunistiche, tenutasi a San Francisco, è emerso un dato significativo: i farmaci long acting rappresentano una svolta sia nel trattamento che nella prevenzione dell’HIV. La transizione da una pillola al giorno a un’iniezione ogni due mesi potrebbe rivoluzionare l’approccio terapeutico, migliorando l’aderenza, riducendo lo stigma associato alla malattia e offrendo nuove opportunità per le popolazioni più vulnerabili. Diversi studi hanno confermato la persistenza dei farmaci long acting sia nel trattamento che nella profilassi pre-esposizione (PrEP). Tuttavia, rimane un problema significativo: la diffusione limitata di questi farmaci in Italia. Gli esperti della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit) hanno sottolineato che i progressi nella terapia antiretrovirale hanno reso l’HIV un’infezione cronica gestibile. I trattamenti, se seguiti con regolarità, sono efficaci e ben tollerati, consentendo una qualità e un’aspettativa di vita comparabili a quelle della popolazione generale, contribuendo anche ad annullare il rischio di trasmissione del virus.

Somministrazione della terapia long acting

La somministrazione della terapia nella formulazione long acting, che prevede un’iniezione intramuscolare di cabotegravir e rilpivirina ogni due mesi, è ormai parte integrante della gestione quotidiana nei centri di malattie infettive in Italia. Antonella Castagna, primario dell’Unità Operativa di Malattie Infettive dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie Infettive e Tropicali, ha dichiarato che i dati più significativi presentati al Croi provengono dallo studio Cares, condotto su giovani donne in Africa. In questa popolazione, dove l’aderenza alla terapia orale è una sfida, l’approccio long acting ha mostrato un notevole successo, con percentuali di successo virologico superiori al 95% e solo quattro fallimenti virologici registrati.

Durata della terapia e riduzione dello stigma

Castagna ha evidenziato l’importanza della durata della terapia long acting, che si è dimostrata efficace per almeno due anni in popolazioni difficili. I dati presentati al Croi, provenienti da studi controllati e da esperienze di Real World Evidence come Trio e Opera, confermano sia l’efficacia che la sicurezza in vari contesti e popolazioni. La terapia long acting non solo migliora l’aderenza, ma gioca un ruolo cruciale nella riduzione dello stigma associato all’HIV. I farmaci assunti quotidianamente per via orale rappresentano ancora un peso per molte persone che convivono con l’infezione. Castagna ha inoltre sottolineato che uno degli aspetti più rilevanti della terapia e della PrEP long acting è il potenziale di raggiungere popolazioni difficili da trattare, come donne, senzatetto, persone transgender e migranti. Gli studi che dimostrano l’efficacia e la sicurezza del passaggio dai trial clinici alla vita reale rappresentano un passo avanti significativo.

Diffusione dei farmaci long acting in Italia

Tuttavia, gli esperti avvertono che è necessario uno sforzo maggiore per diffondere i farmaci long acting in Italia. Secondo la Simit, negli ultimi anni si è registrato un aumento delle infezioni, con oltre 2.300 nuovi casi nel 2023. Attualmente, oltre 140.000 persone sono in terapia, ma il tasso di utilizzo della terapia long acting rimane basso, attorno al 10% nei centri più attrezzati, mentre in molti altri rimane marginale. Pertanto, la popolazione che potrebbe beneficiare di questo approccio rimane in gran parte esclusa.

Impatto positivo sulla PrEP

I farmaci long acting hanno avuto un impatto positivo anche sulla PrEP. Andrea Antinori, direttore del Dipartimento Clinico dell’INMI Spallanzani di Roma, ha sottolineato che la profilassi pre-esposizione orale può essere assunta in modo continuativo o on demand, riducendo quasi del 100% il rischio di acquisizione di HIV per via sessuale, a condizione di un’aderenza corretta. Tuttavia, la somministrazione orale presenta notevoli limiti in termini di aderenza e persistenza. Studi condotti in Europa, Francia, Stati Uniti e i dati della coorte italiana ITa-PrEP dal 2017 al 2023 mostrano che dopo due anni solo circa il 40% mantiene un’aderenza adeguata. La gestione delle diverse modalità di assunzione della PrEP orale può rappresentare un ulteriore problema, con un elevato tasso di interruzione del percorso terapeutico.

Erogazione della PrEP iniettabile

Antinori ha chiarito che l’erogazione della PrEP iniettabile per via intramuscolare con cabotegravir risolve molte delle lacune associate alla somministrazione orale. La formula long acting consente tassi di aderenza più elevati grazie alla somministrazione ogni due mesi, un intervallo che potrebbe presto estendersi. Inoltre, la somministrazione avviene in ospedale da parte di operatori sanitari, che possono monitorare l’aderenza. Gli studi randomizzati su cabotegravir mostrano un’efficacia sostanzialmente doppia rispetto alla somministrazione orale. I dati presentati al Croi, come quelli degli studi Pillar e ImPREP, evidenziano un alto grado di preferenza e persistenza nella strategia PrEP con cabotegravir iniettabile.

Approvazione della PrEP long acting

La PrEP long acting con cabotegravir intramuscolare ha ricevuto l’approvazione dall’Ema. In Italia, è stata inserita in una fascia per la quale è approvato l’uso, ma non è rimborsabile e non è attualmente disponibile in modo diffuso. Attualmente, è in discussione presso l’Aifa il dossier per la rimborsabilità, con la speranza che il processo si concluda positivamente. Al momento, il farmaco è somministrato a meno di 500 persone attraverso un programma pilota in quattro centri: l’INMI Spallanzani di Roma e tre ospedali milanesi, il Sacco, il San Raffaele e il Niguarda. Le prime impressioni sono positive, con un alto tasso di gradimento e una buona aderenza senza effetti collaterali significativi.

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