Il recente decreto flussi ha suscitato vive preoccupazioni tra le principali federazioni degli Ordini professionali in Italia, in particolare per quello che concerne le professioni sanitarie. Questo decreto, già approvato in prima lettura dalla Camera e in attesa di discussione al Senato, apre la porta all’esercizio temporaneo di personale straniero senza adeguate regolamentazioni. Le autorità del settore, come la Fnopi e la Fnomceo, hanno espresso la necessità di un intervento urgente per garantire un sistema di monitoraggio e di controllo deontologico.
Le criticità del decreto flussi
La presidente della Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, Barbara Mangiacavalli, insieme al presidente della Federazione Nazionale Ordini dei Medici, Filippo Anelli, hanno sollevato serie preoccupazioni riguardo il contenuto del decreto. Secondo le loro dichiarazioni, il decreto consente ai professionisti sanitari stranieri di esercitare in Italia fino al 2027 senza necessità di iscrizione a un Ordine professionale locale, ma con il solo requisito di essere iscritti nel proprio Paese d’origine. Questo porta alla mancanza di un’adeguata valutazione delle qualifiche e del percorso formativo di questi operatori.
L’assenza di un sistema di monitoraggio è particolarmente allarmante, considerando la responsabilità diretta di chi opera nel settore sanitario. In un contesto in cui la sicurezza dei pazienti è prioritaria, l’efficacia del trattamento e dell’assistenza non può prescindere da un’attenta verifica delle qualifiche. Le dichiarazioni dei presidenti evidenziano come attualmente non ci sia alcuna garanzia sul fatto che le competenze degli operatori stranieri siano equivalenti a quelle richieste dalle normative italiane, lasciando così un vuoto significativo.
L’appello alla Conferenza delle Regioni
Mangiacavalli e Anelli hanno rivolto un accorato appello al presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Massimo Fedriga, affinché convochi urgentemente la Conferenza delle Regioni per approvare un atto d’intesa che regolamenti in modo chiaro il percorso per l’esercizio delle professioni sanitarie da parte di operatori stranieri. Questa richiesta si basa sull’idea che è fondamentale porre tutti i professionisti, italiani e non, sullo stesso piano di parità, garantendo standard omogenei di formazione e controllo.
Le due federazioni sostengono che non si può continuare a navigare in un sistema caratterizzato da misure temporanee che spesso diventano permanenti. È necessario trovare soluzioni che non solo affrontino la carenza di personale sanitario, ma che siano anche dotate di requisiti di solidità e rigore. La salute dei cittadini non può essere messa a rischio da interventi normativi poco ponderati e asettici che non considerano le varie complessità del settore.
La necessità di maggiori garanzie
A fare eco alle preoccupazioni espresse dai presidenti delle federazioni sanitarie è il tono del dibattito pubblico, specialmente alla luce di recenti episodi di cronaca che hanno messo in luce lacune e fallimenti nei sistemi di controllo attualmente in vigore. Le colleghe e i colleghi che potrebbero operare senza un controllo deontologico rappresentano un rischio inaccettabile per la salute pubblica.
“Gli Ordini professionali esistono per garantire i diritti dei cittadini”, e il loro ruolo non può essere messo in discussione. Le esperienze pregresse con altre disposizioni normative, come la deregulation in ambito pubblicitario sanitario, hanno dimostrato il pericolo di un indebolimento dei controlli, a tutto detrimento della sicurezza dei pazienti.
Essere testimoni di un’ennesima proroga di misure che non risolvono le criticità esistenti è motivo di forte inquietudine per gli Ordini professionali, che richiedono una regolamentazione efficace e duratura per affrontare le sfide del settore sanitario in modo serio e responsabile, assicurando la qualità dei servizi offerti ai cittadini.