Quando parliamo di dolore cronico, affrontiamo una delle sfide più complesse e debilitanti del panorama medico. Malattie come l’emicrania, il dolore neuropatico, il cancro o la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) non solo infliggono sofferenza fisica ma erodono anche la qualità della vita, isolando i pazienti e facendo appello alla nostra comune umanità per una risposta.
È qui che i cannabinoidi, con le loro proprietà analgesiche e palliative, offrono una luce di speranza.
Questi farmaci, contenenti vari livelli di THC e CBD, si mostrano promettenti dove le terapie tradizionali falliscono, offrendo una nuova possibilità di sollievo.
Oltre al controllo di sintomi specifici, l’uso terapeutico della cannabis si estende a condizioni come la sclerosi multipla e la sindrome di Tourette, benché gli studi siano ancora in corso per comprovarne l’efficacia totale.
Solidarietà nella sofferenza
La decisione di includere i cannabinoidi nei protocolli di trattamento del dolore non è solo un atto medico, ma un gesto di profonda umanità. Ogni prescrizione di questi farmaci racconta una storia di empatia, di un medico che si sforza di comprendere e alleviare il dolore del suo paziente, non solo fisico ma anche emotivo.
Mentre la ricerca continua a esplorare e a espandere le conoscenze sui cannabinoidi, la loro vera efficacia risiede nella capacità di trattare il paziente non come un insieme di sintomi, ma come un individuo con bisogni, speranze e paure. Questo è il vero cuore dell’uso dei cannabinoidi: un incontro tra scienza e sensibilità, dove ogni dose è un messaggio di comprensione e ogni trattamento un passo verso un futuro di cura più compassionevole.
La strada per una piena comprensione e accettazione dei cannabinoidi come strumento terapeutico è ancora lunga e ricca di sfide scientifiche ed etiche. Tuttavia, il loro potenziale di portare sollievo e comfort a chi soffre ci ricorda che, al di là della scienza, c’è un impegno più profondo verso la cura dell’essere umano nella sua interezza.
Un po’ di storia
Nel 1839, il chirurgo irlandese William B. O’Shaughnessy introdusse la cannabis nella medicina occidentale, enfatizzando il suo uso per trattare il dolore, le convulsioni e altre condizioni. Questo segnò l’inizio dell’interesse scientifico per le proprietà della cannabis, che si è evoluto fino alle moderne ricerche sul cannabidiolo (CBD) e altri cannabinoidi.
I recettori, ai quali queste sostanze si legano, vennero scoperti negli anni 90 e denominati CB1 e CB2. Il sistema endocannabinoide prende il suo nome dalla pianta di cannabis poiché alcuni fitocannabinoidi in essa presenti, mimano gli effetti degli endocannabinoidi legandosi ai medesimi recettori.
Questi recettori non si trovano solo nei mammiferi ma anche nei pesci nei rettili ed in molti invertebrati come le stelle marine. A livello del Sistema Nervoso Centrale, gli interneuroni cannabinergici agirebbero per lo più modulando l’attività dei neuroni GABA-ergici e Glutammatergici, i recettori CB1 sono presenti anche su interneuroni del midollo spinale nonchè nelle fibre simpatiche e parasim patiche. L’attivazione recettoriale porta all’inibizione della liberazione di noradrenalina dal sistema simpatico e di acetil-colina da quello parasimpatico. A livello cerebrale, i recettori CB1 sono espressi dalle cellule gliali.
Cosa è il CBD?
Negli ultimi anni, la ricerca scientifica ha approfondito i benefici terapeutici del CBD, un componente non psicoattivo della cannabis. Il CBD agisce sul sistema endocannabinoide del corpo, che regola funzioni cruciali come il sonno, l’appetito, il dolore e la risposta immunitaria. A differenza del THC, il CBD non provoca effetti psicoattivi, rendendolo un’opzione attrattiva per i pazienti che cercano sollievo senza alterazioni della coscienza.
Il CBD è uno dei cannabinoidi presenti nella pianta di Cannabis. Negli ultimi anni – come accennato – è stata una molecola molto studiata per via dei suoi effetti terapeutici. Il CBD può essere estratto grazie ad una innovativa tecnologia che non utilizza nessun solvente e permette di conservare tutto il fitocomplesso.
IL CBD Oil, in particolare, è prodotto da Teris, che nasce in un laboratorio galenico, pioniere nelle terapie a base di fitocannabinoidi e con oltre 30 anni di esperienza di allestimento farmaceutico. “Negli anni – spiega il dottor Paolo Mantovani, della Farmacia San Carlo – abbiamo imparato a conoscere la Cannabis e le sue sorprendenti applicazioni terapeutiche, e il nostro obiettivo è diventato, assieme alla costante collabo razione con medici e specialisti, quello di informare sui reali benefici terapeutici di questa pianta. I nostri prodotti sono testati in laboratorio per garantire sempre la massima qualità”.
“Il CBD – prosegue ancora il dottor Mantovani – interagisce con il Sistema Endocannabinoide, uno dei più complessi e importanti sistemi del nostro corpo, che contribuisce a regolare gran parte delle funzioni vitali. Il suo compito è quello di mantenere l’omeostasi dell’organismo, ovvero il suo delicato equilibrio interno, e regolare una varietà di processi fisiologici e cognitivi, come la risposta immunitaria, la sensazione di dolore o l’umore. In caso di squilibrio nel Sistema Endocannabinoide, il CBD, legandosi ai recettori CB1 e CB2 ripristina l’equi librio e il normale benessere dell’organismo”.
Legalizzazione della cannabis a scopo medico
La legalizzazione della cannabis in vari Stati e Paesi ha avuto un impatto significativo sull’accessibilità e la ricerca. In Italia, la cannabis medica è legale a certe condizioni, ma l’accesso può essere limitato dalla disponibilità e dalle conoscenze mediche. La legalizzazione ha anche stimolato la ricerca, permettendo uno studio più approfondito e sistematico dei suoi effetti e benefici.
Nonostante i progressi, rimangono sfide, come la standardizzazione dei prodotti di cannabis e l’integrazione di terapie a base di cannabis nel sistema sanitario tradizionale. Inoltre, la ricerca continua a esplorare nuove applicazioni terapeutiche della cannabis e del CBD, promettendo nuove possibilità di trattamento per una varietà di condizioni.
Le radici millenarie della cannabis
La cannabis, conosciuta scientificamente come Cannabis sativa, ha una storia che si estende per migliaia di anni, radicata nelle tradizioni di molte civiltà antiche. I primi riferimenti all’uso della cannabis risalgono al 2700 a.C. nella Cina antica, dove era considerata una delle cinquanta erbe fondamentali nella medicina tradizionale cinese. L’imperatore Shen Nung, spesso descritto come il padre della medicina cinese, la raccomandava per una moltitudine di malattie, tra cui la malaria, il reumatismo e anche per disturbi della memoria.
Espansione culturale
Dal suo uso in Asia, la cannabis si è diffusa in altre culture e continenti, inclusi India, Medio Oriente, Africa e infine Europa. Nell’India antica, era usata sia per i suoi effetti psicoattivi durante i rituali religiosi sia come medicina. Nel Medioevo, la cannabis entrò nella farmacopea europea; in questo periodo, era prescritta per trattare tumori, tosse e dolori.
Cannabis terapeutica vs uso ricreativo
La distinzione tra l’uso terapeutico e quello ricreativo della cannabis è relativamente moderna e si è accentuata con le varie leggi sulla droga del XX secolo. Mentre storicamente la cannabis era utilizzata globalmente per le sue proprietà curative, l’uso ricreativo ha guadagnato popolarità a partire dal 1900, specialmente negli Stati Uniti durante gli anni ’20 e ’30, periodo che ha visto una crescente demonizzazione e criminalizzazione della pianta.
Nel corso del XX secolo, la cannabis è stata oggetto di controversie legali e sociali, culminate in una serie di restrizioni e divieti. Solo recentemente, grazie a rinnovate ricerche scientifiche e un cambiamento nelle percezioni pubbliche, la cannabis sta vivendo una rinascita come sostanza terapeutica. Paesi in tutto il mondo stanno rivedendo le loro leggi per permettere l’uso di cannabis medicinale per trattare condizioni come dolore cronico, spasmi causati da sclerosi multipla, nausea da chemioterapia e molto altro.